Uno studio, condotto dall’Università di Bristol in collaborazione con le università di Edimburgo e Reading e la Royal Horticultural Society, pubblicato sulla celebre rivista scientifica “Journal of Ecology”, ha per la prima volta misurato la quantità di nettare prodotto nelle aree urbane, scoprendo che i giardini residenziali rappresentano la maggiore fonte di sostentamento per gli Insetti impollinatori, api comprese.
Le risorse floreali (nettare e polline) risultano essere fondamentali per la sopravvivenza degli impollinatori, ma hanno subito una drastica diminuzione nelle aree rurali, principalmente a causa del cambiamento dell’uso del suolo. Data la preoccupante diminuzione degli impollinatori che si sta registrando negli ultimi decenni è di fondamentale importanza conoscere in maniera più approfondita ogni aspetto della vita di questi animali; particolarmente interessante è ottenere conoscenze riguardo le modalità con cui tali organismi trovano nutrimento.
Icaro o Argo azzurro. Foto di Andrea Senese.
Sebbene le risorse di nettare siano state già misurate in paesaggi rurali mancavano, ad oggi, dati equivalenti per le aree urbane.
Questa particolare ricerca nasce proprio dall’esigenza di misurare l’offerta di nettare nelle città, così da poter fornire dati importanti per la tutela della biodiversità cittadina.
Combinando i dati sull’abbondanza floreale e sulla produzione di nettare di 536 taxa di Angiosperme, il team di ricercatori ha quantificato l’offerta di nettare di aree urbane, terreni agricoli e riserve naturali nel Regno Unito, confrontando tipologie di paesaggio e valutando la “distribuzione spaziale” del nettare.
Macaone. Foto di Andrea Senese.
I risultati dimostrano come, in media, tre giardini generino ogni giorno intorno ad un cucchiaino di sostanze nutritive utili agli impollinatori. Questa quantità apparentemente esigua in realtà, se rapportata alle dimensioni di un insetto, equivale a più di una tonnellata per un essere umano adulto, ed è quindi in grado di sostenere, ad esempio, il fabbisogno energetico di migliaia di api.
Ape europea. Foto di Andrea Senese.
Secondo il principale autore dello studio – l’ecologo Nicholas Tew – l’esito della ricerca ha di gran lunga superato ogni aspettativa, evidenziando il ruolo fondamentale che fioriere, balconi e giardini privati svolgono nel sostentamento delle comunità entomologiche e nella promozione della biodiversità urbana in tutto il paese.
Trichio fasciato. Foto di Giuseppe De Riso.
Per ciò che concerne i centri urbani, lo studio ha esaminato la produzione di nettare in quattro principali città del Regno Unito: Bristol, Edimburgo, Leeds e Reading. La produzione di nettare è stata misurata in quasi 200 specie di piante, attraverso l’estrazione di nettare da oltre 3000 singoli fiori. La concentrazione zuccherina del nettare è stata quantificata con un rifrattometro, un dispositivo che misura quanta luce rifrange quando passa attraverso una soluzione.
I risultati della ricerca svelano una maggior diversificazione dell’offerta di nettare nei centri urbani, provenendo questa da un numero maggiore di specie vegetali rispetto a paesaggi rurali e ambienti naturali. Offerta che è principalmente sostenuta dai giardini privati.
Licenide dei gerani. Foto di Andrea Senese.
Nelle aree urbane la fornitura di nettare ha un’origine più diversificata a causa della presenza di piante da fiore ornamentali non autoctone combinata ad essenze autoctone, officinali e spontanee.
Lo studio conferma l’importante ruolo svolto dagli appassionati di floricoltura nella conservazione degli impollinatori, dal momento che l’assenza di piante ornamentali comporterebbe una sostanziale riduzione dell’offerta trofica per l’entomofauna cittadina. Appare dunque fondamentale che gli insediamenti abitativi includano giardini e che questi vengano progettati in modo tale da risultare quanto più possibile idonei all’ecologia degli impollinatori.
Podalirio. Foto di Andrea Senese.
Il vademecum del “giardino biodiverso” prevede la piantumazione di specie capaci di produrre fiori ricchi di nettare; la presenza di piante in fiore su un periodo quanto più lungo possibile (da inizio della primavera al tardo autunno); una poco frequente falciatura dei prati, così da favorire il prosperare di specie spontanee quali denti di leone, trifogli, margherite e altre Angiosperme; un molto limitato uso di pesticidi, dannosi alla vita degli impollinatori, e di opere quali pavimentazioni e prati artificiali.
Cetonia dorata. Foto di Andrea Senese.
Come sovente affermiamo, parchi e giardini cittadini rappresentano, in ambiente urbano, veri e propri hotspot di biodiversità. Bensì anche un solo albero possa ospitare una interessante comunità di abitanti, è bene vedere giardini, aiuole e siepi non come entità separate tra loro, bensì come una fitta rete di nicchie ecologiche e risorse alimentari.
Questa rete costituisce un elemento fondamentale per piante e animali selvatici in tutti i periodi dell’anno, tra cui, per l’appunto, gli Insetti impollinatori, una comunità essenziale per la sopravvivenza degli ecosistemi e per la nostra stessa esistenza sul pianeta Terra.
Macaone. Foto di Andrea Senese.
Concludiamo con una riflessione: i risultati di questa ricerca scientifica sono validi l’Inghilterra, paese da sempre celebre per l’attenzione prestata dai suoi abitanti all’arte del giardinaggio. Sarebbe interessante sapere quale possa essere il contributo dato di nostri centri urbani al sostentamento degli impollinatori. L’impressione è che, malauguratamente, i tanti balconi lasciati vuoti (o peggio trasformati in verande abusive) o le tante aree all’aperto in cui a un prato si favorisce la detestabile erba sintetica, possano portare a dei risultati molto meno entusiasmanti.
Niente di irrisolvibile ma bisogna continuare testardamente sulla strada della sensibilizzazione di cittadini e istituzioni avvalendosi proprio di studi come questo che forniscono le evidenze scientifiche che devono fungere da colonna portante nella battaglia di chi chiede città più verdi.